IL SISTEMA DI PROTEZIONE GIURIDICA DELLA CELa Corte di giustizia delle Comunità europee (CGCE) e il Tribunale di primo grado (TPGCE), ad essa affiancato, si collocano al centro del sistema di protezione giuridica. La Corte di giustizia è l’istanza suprema per tutte le questioni di diritto comunitario e, con il Tribunale di primo grado, è l’unica giurisdizione in questo campo. Il sistema di protezione giuridica della CE offre le seguenti possibilità di ricorso.... Rinvio pregiudiziale (articolo 234 del trattato CE) I tribunali nazionali possono adire la Corte di giustizia tramite la procedura del rinvio pregiudiziale. Quando, nell’ambito di una controversia pendente presso una giurisdizione nazionale, quest’ultima deve applicare disposizioni di diritto comunitario, essa può sospendere tale procedura e sottoporre alla Corte la questione concernente la validità di un atto giuridico compiuto dalle istituzioni della Comunità e/o l’interpretazione di tale atto e dei trattati comunitari. Il giudice nazionale formula in proposito una questione di diritto, alla quale la Corte di giustizia risponde con una sentenza e non, ad esempio, con un semplice parere, esprimendo così, anche tramite la forma, il carattere vincolante della sua decisione. Tuttavia, la procedura del rinvio pregiudiziale non è, come le altre procedure menzionate, un procedimento contenzioso diretto a comporre una controversia, ma rappresenta solo un elemento di una procedura globale che inizia e finisce presso un tribunale nazionale. L’obiettivo di tale procedura consiste nell’assicurare un’interpretazione uniforme del diritto comunitario e, in tal modo, l’uniformità dell’ordinamento giuridico comunitario. Oltre a quest’ultima funzione, tale procedura riveste anche un ruolo nella protezione dei diritti individuali. Affinché i tribunali nazionali possano rendersi conto della conformità della legislazione nazionale con la legislazione comunitaria e, in caso di incompatibilità, applicare la legislazione comunitaria che è preminente e direttamente applicabile, è necessario che contenuto e portata delle disposizioni comunitarie siano definiti chiaramente. Di norma, solo un rinvio pregiudiziale può garantire una simile chiarezza. In tal modo, è consentito anche al cittadino della Comunità opporsi ad azioni del suo paese, contrarie alla legislazione comunitaria, ed ottenere l’applicazione della legislazione comunitaria di fronte al proprio tribunale nazionale. Questa doppia funzione del rinvio pregiudiziale compensa in un certo senso le scarse possibilità offerte al singolo cittadino di adire direttamente la Corte di giustizia e riveste pertanto un’importanza fondamentale ai fini della protezione giuridica delle persone. Tuttavia, il successo di tale procedura dipende dalla «disponibilità» dei giudici e tribunali nazionali a sottoporre la causa ad un’autorità superiore. Oggetto della domanda pregiudiziale: la Corte di giustizia decide in merito all’interpretazione del diritto comunitario e controlla la validità delle attività giuridiche delle istituzioni comunitarie e della Banca centrale europea. Le disposizioni di diritto nazionale non possono costituire oggetto di rinvio pregiudiziale. Nel quadro di tale procedura, la Corte di giustizia europea non è autorizzata ad interpretare il diritto nazionale, né a decidere in merito alla sua conformità al diritto comunitario. Tale aspetto è spesso trascurato nelle domande pregiudiziali inoltrate presso la Corte. Numerose sono le questioni incentrate sulla conformità di una disposizione nazionale con una disposizione comunitaria o sull’applicabilità di una disposizione comunitaria specifica ad un procedimento inoltrato presso un tribunale nazionale. La Corte di giustizia non si limita a rinviare tali questioni, di per sé inaccettabili, alle giurisdizioni nazionali, bensì le esamina alla luce della richiesta formulata dal tribunale ricorrente per determinare i criteri fondamentali o essenziali d’interpretazione delle disposizioni comunitarie in questione, perché possa egli stesso valutare la compatibilità tra la legislazione nazionale e quella comunitaria. A tal fine, la CGCE elabora, ricavandoli dall’intera documentazione presentata dal tribunale nazionale, in particolare dalle motivazioni, gli elementi del diritto comunitario che vanno interpretati tenendo conto del contenzioso. Legittimazione ad avviare la procedura: sono legittimate tutte le «giurisdizioni degli Stati membri». La nozione di giurisdizione va interpretata nel senso della legislazione comunitaria e non riguarda la denominazione, bensì la funzione e la posizione di una istanza giudiziaria nel sistema di protezione giuridica dello Stato membro. Per «giurisdizione» vanno intese pertanto tutte le istituzioni indipendenti, vale a dire non vincolate da istruzioni, competenti per la soluzione di controversie in uno stato di diritto. Pertanto, anche le corti costituzionali degli Stati membri, nonché le istanze responsabili della composizione delle controversie, che non rientrano nel sistema giudiziario statale — ad eccezione dei tribunali d’arbitrato privati —, sono autorizzati ad introdurre domande pregiudiziali. Un giudice nazionale si avvale del suo diritto d’introdurre una questione pregiudiziale a seconda della pertinenza della questione di diritto comunitario ai fini della decisione nella controversia di partenza, pertinenza su cui solo il giudice nazionale può decidere. Le parti della controversia possono emettere solo delle proposte. La Corte di giustizia esamina la pertinenza della questione ai fini della decisione finale solo per accertarne l’ammissibilità, cioè se si tratti di una questione pertinente all’interpretazione del trattato CE o alla validità di un atto di un’istituzione comunitaria, o se si tratti di un autentico problema giuridico e non di un caso ipotetico o costruito sul quale la Corte di giustizia europea debba pronunciarsi a titolo pregiudiziale. È raro che Corte rifiuti di esaminare una domanda per tali motivi, in quanto, vista l’importanza particolare attribuita dal trattato CE alla cooperazione con le autorità giudiziarie, nell’applicare tali criteri la Corte si muove con una certa discrezione. Tuttavia, la recente giurisprudenza della Corte rivela una maggiore severità nei requisiti di ammissibilità di questo tipo di ricorsi, applicando alla lettera l’esigenza, già menzionata in precedenza, di una descrizione sufficientemente chiara e dettagliata degli elementi di fatto e di diritto della procedura iniziale che la domanda pregiudiziale deve contenere. In caso di mancanza di tali dati, essa si dichiara incapace di fornire un’interpretazione adeguata della legislazione comunitaria e dichiara inammissibile la domanda di ricorso. Obbligo di introdurre una questione pregiudiziale: ogni tribunale contro la cui decisione non può più essere presentato appello nell’ambito della giurisdizione nazionale, è tenuto ad introdurre una domanda pregiudiziale. Per ricorsos’intende ogni mezzo che consenta ad un’istanza superiore di controllare gli elementi di fatto o di diritto (appello) o soltanto di diritto (cassazione) di una decisione emessa da un tribunale. Tale nozione non include, invece, i ricorsi ordinari con effetti limitati o specifici (revisione, ricorso costituzionale). Il tribunale può sottrarsi a tale obbligo solo se la questione pregiudiziale è ininfluente ai fini dell’esito del contenzioso, se vi è già stata una decisione in merito della Corte di giustizia o se non possono sussistere ragionevoli dubbi sull’interpretazione di una disposizione del diritto comunitario. Se un tribunale nazionale, invece, intende invocare l’invalidità di un atto comunitario, ha l’obbligo assoluto di introdurre una domanda pregiudiziale. A tal proposito, la Corte ha chiaramente stabilito che essa sola è autorizzata a respingere le disposizioni invalide della legislazione comunitaria. Di conseguenza, le giurisdizioni nazionali devono applicare e rispettare le disposizioni comunitarie fino a quando la Corte di giustizia europea non abbia riconosciuto la loro invalidità. Costituiscono un’eccezione i tribunali che operano nel quadro di una procedura di protezione giuridica provvisoria. Secondo la giurisprudenza più recente della Corte, tali tribunali possono, in determinate condizioni, sospendere l’attuazione di atti amministrativi nazionali, basati su un regolamento comunitario, o adottare misure provvisorie al fine di pronunciarsi provvisoriamente in merito a posizioni o situazioni giuridiche controverse, senza tenere conto di una disposizione giuridica comunitaria preesistente. La violazione dell’obbligo di introdurre domanda pregiudiziale implica, allo stesso tempo, una violazione del trattato CE e può comportare l’avvio di una procedura per inadempimento nei confronti dello Stato membro interessato che può essere perseguito di conseguenza. Le conseguenze pratiche di una tale azione sono tuttavia molto limitate, in quanto il governo dello Stato membro interessato non può ottemperare ad un eventuale giudizio della Corte, dal momento che non può impartire istruzioni alle giurisdizioni nazionali, considerata l’indipendenza del potere giudiziario e il principio della separazione dei poteri. Le possibilità di riuscita sono tuttavia maggiori da quando è stato riconosciuto il principio della responsabilità contrattuale degli Stati membri in caso di violazione del diritto comunitario (cfr., al riguardo, il capitolo seguente), che consente all’individuo di introdurre un ricorso per risarcimento dei danni potenzialmente derivanti dal mancato rispetto da parte dello Stato membro del suo obbligo di introdurre domanda pregiudiziale. Effetti della pronuncia pregiudiziale: la pronuncia
pregiudiziale, sotto forma di sentenza, vincola sia il tribunale che ha
presentato la domanda che gli altri tribunali interessati dalla controversia.
Inoltre, in pratica, una pronuncia pregiudiziale ha spesso l’effetto di un
precedente in altre procedure simili. |